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Pipani, un amanuense dei giorni nostri

Ai tempi dell’Informale, e cioè più di mezzo secolo fa, si insisteva tanto sulla cosiddetta poetica del muro, intendendo con essa il fare ricorso a una superficie grossolana, abrasiva, contro cui le tracce della mano andavano a schiacciarsi venendone assorbite. Poi ci fu un processo di risalita verso forme più elaborate, e al muro vennero sostituite le pagine cartacee, come di un qualche codice su cui esercitare la bravura di un amanuense. Grande artefice di questo passaggio dalla brutalità del muro verso forme più gentili e delicate, almeno nel nostro Paese, è stato Gastone Novelli. Fra l’altro, questo ammorbidimento degli interventi, ovvero questa possibile conciliazione tra un informe primordiale e le tracce della civiltà, manifestate soprattutto dall’apparire della scrittura, ha fatto sì che accanto a macchie informi o ad altri interventi quasi di natura comparissero le lettere, ma con l’obbligo che queste fossero stese a mano, senza l’intervento della tipografia. E dunque, per una produzione del genere, non si può parlare, per esempio, di poesia visiva, volta ad associare le immagini con le icone dei mass media.

Vale piuttosto la formula lanciata allora da Roberto Sanesi e da Ugo Carrega di una poesia “simbiotica”, volta a sfruttare la coesistenza di tante impronte, umane e naturali, sulla medesima superficie, chiamata ad arricchirsi senza fine di questi sottili nutrimenti, pur sempre mantenendo il carattere leggero e “portatile” del foglio, magari anche pronto a ritrovare la serialità del codice, del volume. Ebbene, ho sentito la necessità di rievocare questo ampio quadro di riferimenti dato che l’arte di Mauro Pipani vi si colloca per intero, egli ne è un prezioso, convinto, tenace continuatore, riuscendo a totalizzare in ogni sua opera una simile variegata costellazione di interventi, intelligentemente sospesi tra il fisico e il mentale. Ovvero, potremmo concludere, l’informatica con la sua virtualità non ha vinto del tutto la partita, vale la pena di continuare in un antico esercizio di amanuense o di miniatore, anche se magari, altra caratteristica del Nostro, nella sua opera invano cercheremmo tracce di minio, di colore squillante, anzi, siamo a una ben controllata sinfonia di bianchi e di grigi, il che del resto ben si addice a un’attività fondata sulla scrittura come atto primario.

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